Nelle ultime settimane Verona ha toccato con mano cosa significhi essere governata da una politica debole, insicura, capace di prendere il potere ma inetta quando si tratta di amministrarlo. E nel mezzo di una crisi epocale, questo panorama è assai poco rassicurante.

Lo ripetiamo spesso, a noi stessi e a chi viene da fuori: Verona non è soltanto una città bellissima, ma è una città fortunata. Ricca, prospera, dotata di una posizione privilegiata, di produzioni di eccellenza, di un’economia sana e di benessere diffuso. È a ben guardare, un quadro abbastanza veritiero, ma anche molto pericoloso.

Per molto tempo, infatti, la nostra città ha pensato che, in fin dei conti, poteva andare avanti da sola: benessere economico, meraviglie storico-artistiche, un tessuto associativo forte, turismo in costante crescita, una posizione geografica invidiabile. A una città simile non serve una guida, basta un pilota automatico.

Così, negli anni, abbiamo creduto che non servisse una pianificazione turistica, che il fenomeno si sarebbe regolato da sé, distribuendo equamente tanto i costi quanto la ricchezza sul territorio. E qualche tempo dopo, dietro i trionfalismi da “un altro anno record”, ci siamo ritrovati con un centro storico divorato dal turismo mordi e fuggi, snaturato dalla scomparsa delle botteghe storiche, spopolato di cittadini allontanati da prezzi folli, strade perennemente congestionate e disordinate manifestazioni di dubbia qualità.

Abbiamo creduto che non servisse una pianificazione urbanistica, che la città si sarebbe sviluppata adattandosi naturalmente alle nuove esigenze dei cittadini. E così, lasciando che intere aree di sviluppo, come Verona Sud, fossero svendute al miglior offerente senza un piano, senza un calcolo dei flussi di traffico, senza provare a immaginare la città del futuro ci siamo ritrovati in balia della speculazione selvaggia, senza ordine né criterio, senza possibilità di orientare lo sviluppo della città.

Abbiamo creduto che le decisioni sugli asset fondamentali della città fossero rimandabili a data da destinarsi, che in fondo una città come Verona avrebbe sempre avuto infrastrutture e aziende pubbliche forti e dinamiche. E a forza di abbandonarle alle mani di una politica predatoria, convinta di avere a disposizione non un terreno fertile da coltivare ma un pozzo di ricchezza da prosciugare, abbiamo finito per svalutare anche i nostri gioielli più preziosi. Non abbiamo saputo proteggere le banche cittadine, o quello che ne restava, né l’aeroporto. E ora Agsm e Fiera rischiano di pagare un analogo prezzo per il disinteresse e l’incompetenza di chi ha continuamente rinviato le scelte strategiche.

Avremmo potuto, e dovuto, imparare qualcosa, e invece ciò che è più preoccupante è che, dopo tanti anni, la situazione sembra immutata.

Qualche mese fa è arrivato il coronavirus, portando con sé una crisi senza precedenti. Una crisi dopo la quale ci si sarebbe aspettati un colpo di reni da parte della politica, un gesto forte, di reazione, per iniziare finalmente a immaginare e progettare il futuro di Verona, invece di lasciarlo alla mercé degli eventi. E invece, ancora una volta, su qualsiasi argomento siamo nel più completo stallo, frutto non tanto delle visioni difformi sulla direzione da imprimere alla città, ma dell’ennesimo scontro politico di piccolo cabotaggio che sta costando alla città tempo e opportunità.

Il Filobus, opera passata di amministrazione in amministrazione e ormai talmente vecchia da essere divenuta da strategica a inutile, ora viene messo in discussione dallo stess Sboarina, dopo cantieri, lavori, proteste dei cittadini di fronte alle quali l’amministrazione aveva opposto sempre dei nettissimi rifiuti. Una marcia indietro tardiva e assurda, giunta dopo che non più tardi di una settimana fa il Presidente di AMT Barini aveva dichiarato in commissione che tutti i lavori stavano procedendo normalmente. Su Agsm, mentre Sboarina spinge da sempre per la fusione AGSM-AIM-A2A, i suoi compagni di merende della Lega dopo mesi di letargo si svegliando gridando “mai col privato” per giustificare il loro no all’operazione, come se la strategia industriale di Agsm potesse riassumersi in sterili slogan. Sull’aeroporto, fermo a causa dell’emergenza ma in crisi da tempo, Sboarina tace e non si intravede nessuna strategia del socio pubblico, mentre la Lega sbraita senza che nessuno evidenzi il fatto che al governo di questa città ci sono sempre loro da quasi quindici anni.

E per il turismo, o Fondazione Arena, o mille altre partite, il discorso sarebbe lo stesso: scarsa competenza, conoscenza approssimativa dei problemi, interesse solo a tutelare le rendite di posizione dei partiti nella convinzione che comunque la “macchina Verona” continuerà a procedere per conto suo.

Amministrare una città non è semplice, e senza idee diventa impossibile. Per chi ha a cuore Verona esiste un’unica soluzione: rimboccarsi le maniche, avere coraggio e creare un’alternativa seria e credibile per la nostra città. Il pilota automatico, se c’è mai stato, ha fallito. È tempo di prendere in mano il timone e imprimere una nuova rotta alla nostra città.

Tommaso Ferrari