È questo quello che ci spetta come giovani, come studenti universitari, come futuro di un Paese messo a repentaglio da una politica, e non solo, che in tanti anni non ha fatto altro che ignorarci.

Non è retorica, non è facile piagnisteo, è realtà dei fatti. Parlando di fatti, stando all’ultimo rapporto ISTAT, il tasso di disoccupazione giovanile rilevato nel mese di ottobre 2020 in Italia è pari al 30,3%. Secondo i dati dell’OECD aggiornati al 2019, per la fascia d’età che va dai 15 ai 29 anni, la percentuale di NEET in Italia è pari al 23,67%. Il dato peggiore in Europa.

https://www.open.online/2020/07/22/istat-2-milioni-di-giovani-neet-italia-e-prima-in-europa/

Basterebbero questi dati per aspettarsi un cambio di priorità nelle misure adottate e invece le scuole superiori in tantissime regioni italiane, tra cui il Veneto, sono ancora chiuse e il tema dell’Università non ha trovato alcuno spazio nel dibattito pubblico.

Ci troviamo da quasi un anno a svolgere lezioni online, a dare esami in via telematica, a non condividere più un percorso comune con colleghe e colleghi, punto di riferimento per studio, ricerca e soprattutto socialità. Molti di noi non possono usufruire di spazi come biblioteche e aule studio, chiuse o riservate a pochi, anch’esse luoghi di ricerca e di confronto indispensabili. Indispensabili, soprattutto, per coloro che non hanno una situazione consona allo studio nella propria abitazione, un disagio che coinvolge famiglie e studenti di ogni ordine e grado.

Un anno certamente nero per tutti. Un anno che ha messo alla prova soprattutto i giovani, che se ha risparmiato i più dal punto di vista sanitario, non lo ha fatto dal punto di vista economico e sociale. È mancata la volontà e la capacità di capire che la posta in gioco è alta e che se un futuro lavorativo in Italia era a dir poco incerto, ora c’è il rischio di non prospettare neppure l’idea di rimanere nel nostro Paese, una fuga di cervelli che si delinea ancora più massiccia.

Da una parte, dunque, scuole superiori e università, che occupano un ruolo decisivo nella formazione, lasciate in balia di loro stesse, senza un minimo di programmazione, senza alcun tipo di supporto e di politiche ad hoc. Dall’altra parte giovani in cerca di impiego, abbandonati da una politica fatta di bonus, ma non di misure e incentivi per l’occupazione. Sembrava che lo spiraglio del Recovery Fund, chiamato per di più “Next Generation EU”, fornisse davvero gli strumenti economici per garantire alle nuove generazioni valide prospettive, non solo lavorative. Sembrava, perché in Italia, e lo denunciano alcune campagne nate recentemente, solo l’ 1 % dei 196 miliardi totali sono assegnati a “Giovani e Politiche del Lavoro (dato aggiornato alla bozza del PNRR del 29 dicembre 2020).

https://formiche.net/2021/01/next-generation-i-giovani-contano-l1-lallarme-di-competere/

Sconforto e rassegnazione è ciò che pervade la maggior parte dei giovani, venuti a scontrarsi con la dura realtà di una classe dirigente inadeguata per affrontare i loro bisogni e necessità. Una classe politica molto interessata, invece, al ritorno elettorale, consapevole che parlare di futuro e giovani non fa crescere nei sondaggi. Serve un urgente cambio di rotta, non c’è più tempo.