Il pensiero di Traguardi sul Patto per Verona proposto da L’Arena

Nelle ultime settimane, un editoriale di Maurizio Battista pubblicato su L’Arena del 27 marzo ha stimolato un fervido dibattito sulla crisi in corso e sulla necessità di un “Patto per Verona” fra tutte le istituzioni politiche, economiche e culturali della città per preparare e guidare la ripresa, quando verrà il momento. Un dibattito al quale molte personalità cittadine abbiano deciso di prendere parte, a partire dal sindaco, dal presidente della provincia e da esponenti dell’imprenditoria, del mondo bancario e dell’università.

Alle loro voci, desideriamo aggiungere la nostra, in qualità di esponenti di un movimento politico – Traguardi – che in quanto giovane è doppiamente interessato alla strada che la nostra città deciderà di percorrere nel prossimo futuro, quando l’emergenza sarà finita. In quest’ottica, l’evocazione di una grande stagione di sviluppo economico e sociale per la nostra città, quella dalla metà degli anni Cinquanta ai Settanta, è particolarmente stimolante: in essa uomini come Zanotto, Gozzi, Delaini ma anche altri (si pensi solo, nella cultura, a Magagnato) furono espressione, a tutti gli effetti, di una generazione nuova, che ereditava un Paese e una città che ancora portavano i segni della guerra, ma che si preparava ad abbracciare una radicale trasformazione della propria società, dei propri modelli produttivi, del proprio ruolo nel Paese e nel mondo. La rinascita di Verona ci fu, ma derivò da un cambio di passo netto, non dalla pura e semplice riproposizione di ciò che era stato in passato. Per questo pensare che chi governa la città oggi, e lo ha fatto ieri pur sotto etichette differenti, possa guidare Verona anche in questa nuova stagione rischia di essere illusorio e miope.

Occorre un momento di rottura, netto e deciso, come quello che si ebbe allora; non una rivoluzione che faccia tabula rasa, ma una sintesi fruttuosa fra i punti di forza “storici” della città – l’agroalimentare di qualità, le produzioni industriali di eccellenza, il ruolo di nodo infrastrutturale, logistico e fieristico, l’offerta culturale e turistica, per citarne solo alcuni – e idee e progetti realmente innovativi, capaci di guidare il cambiamento e guardare alla Verona che verrà fra 20, 30 o 50 anni. Idee nuove che reclamano – è inutile girarci intorno – una classe dirigente nuova, preparata, dotata di visione. Una classe dirigente rinnovata non in ossequio a un giovanilismo di facciata, ma in nome del ricambio generazionale che le crisi come quella che stiamo attraversando dovrebbero agevolare, e che è il solo strumento per poter immaginare un futuro realmente prospero, per preparare la città alle sfide di domani. Non è un caso che i protagonisti di quella stagione luminosa fossero tutti poco più che trentenni quando raggiunsero le posizioni da cui giocarono un ruolo chiave per il rinnovamento della città: Zanotto sindaco a 36 anni, Delaini presidente della Camera di Commercio a 34, Magagnato direttore di Castelvecchio a 35. Esponenti di una generazione nuova, che metteva al servizio delle istituzioni pubbliche competenza, cultura civica ma anche la visione e la lungimiranza di chi, in quanto giovane, è direttamente partecipe del cambiamento in atto.

In un momento come quello presente, in cui il tessuto economico e sociale di Verona tenta disperatamente di contenere i danni e ragionare sul proprio futuro, la città, i suoi abitanti, le sue imprese non possono accontentarsi dei soliti slogan, di riferimenti generici a una rinascita cittadina. E la risposta all’appello dei rappresentanti istituzionali – pur adottando tutta la clemenza che l’emergenza richiede – appaiono insufficienti. Perché non si può immaginare che il futuro di Verona passi solo dalla “conservazione” degli asset strategici ereditati dal passato, alcuni dei quali peraltro pesantemente debilitati dalla mala gestione delle ultime amministrazioni.

Aeroporto, interporto, autostrade, università, società partecipate sono un lascito prezioso che Verona deve saper valorizzare, ma non possono essere un punto di arrivo. Così come il piano della “ricostruzione” – per adottare un lessico di guerra molto alla moda ma che convince solo in parte – non può consistere nel ripristino integrale della situazione pre-crisi, con le sue storture e i suoi limiti, sedimentati in troppi anni di politica miope attenta più alla soddisfazione delle richieste immediate che a progettare lo sviluppo futuro della città.

Quando la tempesta sarà passata, occorrerà aprire una stagione di rinnovamento e crescita sostenibile per la città, in termini economici, sociali e ambientali. Uno sviluppo capace di garantirci un benessere solido e duraturo, di dotare la città delle infrastrutture di cui è carente, anche e soprattutto dal punto di vista tecnologico, di dare nuovo slancio al nostro tessuto produttivo e di farlo espandere, agevolando le filiere, sostenendo il “sistema Verona”, rendendo la città un luogo attrattivo per sviluppare nuove imprese ad alto valore aggiunto in grado di generare posti di lavoro qualificati.

Parole come “Piano Marshall” o “Carta dei Valori” significano ben poco, purtroppo, se non sono affiancate da politiche serie e concrete per lanciare uno sviluppo innovativo e dirompente di cui oggi Verona ha tremendamente bisogno. Politica, istituzioni, associazioni e imprese devono individuare le risorse su cui puntare per una rinascita della città che la rilanci e la rinnovi davvero, tracciando la via del suo sviluppo.

E non accontentandosi dei facili risultati, poiché le conquiste di cui Verona oggi va fiera furono frutto di trattative, confronti e scontri spesso anche aspri dai quali singoli soggetti poterono uscire sconfitti ma la città, nel suo insieme, più ricca e moderna. Settori come la cultura, il turismo e il comparto dei grandi eventi fieristici, per esempio, vanno ripensati, valorizzando radicalmente aspetti che fino ad oggi sono stati tenuti in secondo piano, a fronte di flussi turistici e di visitatori in perenne crescita buoni per soddisfare la visibilità del momento, ma non a garantire un benessere durevole alla città. O ancora la logistica, l’innovazione tecnologica e lo sviluppo energetico, settori su cui la nostra città può diventare un attore di peso, ma solo a patto di una netta accelerazione, con investimenti e progetti lungimiranti che possano portarla fuori dalla crisi e aprire una nuova stagione di crescita.

Se il mondo, come si continua a ripetere, non sarà più lo stesso, anche le soluzioni, le proposte, i modelli economici e di sviluppo dovranno cambiare, adattandosi alle nuove condizioni e imparando – per quanto possibile – la “lezione” ricevuta da questa crisi. E la voce degli imprenditori lo conferma, se Marilisa Allegrini sostiene che dobbiamo immaginare nuovi modi per lo sviluppo della città, non accontentandoci più di guardare solo ai bilanci. La nostra città ha chiacchierato e vissuto sugli allori per 30 anni, come dice Sandro Boscaini, perdendo occasioni importanti per il proprio sviluppo, ma ora è tempo che dalle parole si passi ai fatti. È tempo di mettere in moto nuove energie e nuove forze politiche, per far ritrovare a Verona la forza della sua stagione migliore: è quello il più grande atto d’amore per la nostra città!

Tommaso Ferrari – Consigliere comunale di Traguardi

Pietro Giovanni Trincanato – Presidente di Traguardi